“Io il Giagnoni del 2000″

L’allenatore granata si ispira al maestro conosciuto 25 anni fa in serie B.
De Biasi:”Per quello che lui fece nel Torino è un modello da seguire”
Gli altri punti di riferimento: Simoni, un gentiluomo, e Cadé, persona di cultura superiore alla media». Poi il tecnico confida: «Vorrei essere ricordato per aver vinto qualcosa di importante…
Uno scudetto, un traguardo che resti impresso sugli almanacchi»

TORINO. Per capire davvero chi sia Gianni De Biasi, con i suoi tanti pregi e con qualche difetto, ci vuole un po’ di tempo. E una certa fortuna: quella di poterlo frequentare extra pro­fessione, quando l’allenatore si toglie la corazza e sotto l’arma­tura resta l’uomo. Sempre più difficile, in un mondo falso e fa­risaico com’è diventato quello del pallone, essere se stessi fi­no in fondo. Sempre più perico­loso, oltretutto: così, anche co­me forma di auto-difesa, ci si adatta all’andazzo, adeguan­dosi alla finzione e al copione da recitare. Per cercare di spie­gare davvero De Biasi, pertan­to, è più utile una passeggiata in centro di cento conferenze stampa: è quello che ha fatto Sky martedì nel tardo pome­riggio, registrando un servizio che andrà in onda stasera, al­le 23.30, nella trasmissione Preview Show.

PIAZZA VITTORIO E’ stato lo stesso allenatore a scegliere la location dove registrare l’in­tervista: Piazza Vittorio Vene­to, la piazza (senza statue, ma con i portici) più grande d’Eu­ropa. Uno scenario da far emo­zionare GDB: « A Valencia ave­vo il mare e una città fantasti­ca, ma una piazza così no, è in­trovabile ». Lui l’ha scelta an­che come affettuosa evocazione del proprio passato. Perché Vit­torio Veneto gli ricorda pure la cittadina (poco distante dalla natìa Sarmede) in cui i genito­ri lo iscrissero come esterno nel collegio per frequentare le scuole superiori: e conseguire il primo titolo della sua vita. Quello di ragioniere. Passeg­giando col microfono sotto il naso sono stati in tanti a rico­noscerlo, ma quella compostez­za tipicamente sabauda ha permesso alla troupe di regi­strare il servizio senza interru­zioni. Chissà però se si sentirà, fuori onda, quell’urlo belluino di un granata, la testa quasi tutta fuori dal finestrino, con l’auto sempre in corsa: «Giiiiaaaaanniiiiiii, sei un grandeeeeeeee…. Forza To­roooooo ». Un sorriso l’ha co­munque strappato a tutti.

OMAGGIO A MERONI Di chiacchiera in chiacchiera, ad un tratto la troupe s’è fermata sotto una mansarda speciale per ciò che rappresenta nella storia granata. Era il sottotet­to dove Gigi Meroni viveva, prima di trasferirsi in quel ma­ledetto corso Re Umberto: ma rimase sempre il suo nido. Stu­dio per dipingere o atelier per disegnare i suoi abiti contro­tendenza, quando giocava a fa­re lo stilista. Giornalisticamen­te De Biasi è stato chiamato a un paragone irriverente, però cavandosela brillantemente: «Come espressione di puro ta­lento calcistico, fatte le debite proporzioni, Rosina ha qual­che colpo alla Meroni». Guai però ad andare oltre, e non so­lo perché ogni calciatore è un eroe del proprio tempo.

UN SOGNO NEL CUORE
Dal serio al faceto, fra tanto To­ro e qualche aneddoto, GDB ha poi parlato molto di sé e del suo mestiere di allenatore. Confi­dando un sogno: «Spero di es­sere ricordato, quando smet­terò, come un tecnico che ha vinto qualcosa di importante. Vorrei conquistare uno scudet­to, raggiungere un traguardo che resti impresso anche sugli almanacchi, non soltanto nel cuore e nella mente dei tifosi». Un’ambizione comprensibile, comprensibilissima: chissà però se e quando raggiungibi­le con il Toro. Per quanto anche una coppa Italia sarebbe già un traguardo meraviglioso per carezzare i fasti di un tempo.

IN PANCHINA Con la mede­sima sincerità, De Biasi ha poi dichiarato qual è l’allenatore cui vorrebbe somigliare: «Io mi ispiro a Gustavo Giagnoni, un uomo d’altri tempi eppure al­l’epoca grandissimo innovato­re. Ho imparato a conoscerlo e ad apprezzarlo a Palermo, quando sono stato suo giocato­re: stagione 1983-’84. Il mister amava il dialogo e il confronto con i suoi giocatori, era sangui­gno e irascibile, come credo di essere io. Anzi: come ero io, l’e­sperienza ha un po’ placato i bollori ardenti. Giagnoni non scendeva a compromessi, era genuino ma sapeva farsi ri­spettare: una figura vecchio stampo, tuttavia penso che cer­ti valori non passino mai di moda. Per quello che ha fatto nel Toro, per il suo tempera­mento, per quelle sue caratte­ristiche umane che così bene si fondevano nei valori di questa società, Giagnoni resta un mo­dello ». Senza fare torti agli al­tri suoi maestri dalle salde con­notazioni granata: Gigi Simo­ni,
intanto («un signore, un grandissimo gentiluomo, oltre­ché un bravissimo allenatore»). E poi Giancarlo Cadè («uomo raffinatissimo, di cultura supe­riore alla media: inavvicinabi­li per molti le sue letture, e la competenza sulla musica clas­sica ») cui GDB è rimasto affet­tivamente legato anche per la saldissima amicizia con suo fi­glio. «Fabio Cadè è quasi un fratello, per me. E col tempo è diventato un prezioso collabo­ratore: è uno dei miei osserva­tori personali, quando ho biso­gno di una relazione su un de­terminato avversario, mi av­valgo della sua conoscenza cal­cistica ».
STESSA FEDE De Biasi non lo sapeva, ma forse era già gra­nata prima di diventarlo, a fronte di cotante frequentazio­ni. Che il Toro gli sia entrato dentro lo si evince anche da ciò che ha scritto in tempi non so­spetti, persino dopo gli esoneri di Cairo. Basta consultare il suo sito: www.giannidebiasi.it.Sì, d’accordo, qui viene fuori il piacione: ma guardarsi allo specchio e piacersi, al giorno d’oggi, resta una virtù. Denota autostima, consapevolezza, ca­rattere. Ebbene, sul sito legge­rete: «Il Toro è un mondo diver­so. E’ una filosofia a parte, nel­la quale i valori autentici (te­nacia, orgoglio, passione, fie­rezza) si uniscono all’insegna di una medesima fede: quella granata». Solo i tempi sono cambiati: Giagnoni prendeva a cazzotti Causio, De Biasi con la stessa mano scrive poesie.

A cura di
Piero Venera

Fonte: TuttoSport