Il De Biasi pensiero

Cosa pensa Gianni, secondo me

Non mi reputo così intelligente e superiore alla norma da avere la presunzione di addentrarmi nella mente di un’altra persona. Non voglio arricchire un dibattito perverso a pochi mesi dal ricordo di un’estate dagli strascichi ancora indigesti e nauseabondi. Non ritengo opportuno commentare eccessivamente episodi di un mondo vissuto da professionisti ed interpretato da laureati del pallone.

Quello che faccio, è solamente un piccolo e semplice processo di immedesimazione in un personaggio – appunto il protagonista di questo spazio on-line – immaginando di indossare l’abito stretto e un po’ sgualcito di chi non può permettersi più di sbagliare, pena la fucilazione verbale della platea, la sentenza capitale della critica, lo sfratto contrattuale da una panchina situata al confine tra Torino e Venaria, a due passi dalla tangenziale e dall’imbocco autostradale per Milano, direzione Conegliano.

E dunque, se fossi Gianni De Biasi, sarei nervoso e un po’ agitato, perché posizionato sotto i riflettori un po’ troppo da vicino, ad una distanza dove il calore del faro luminoso inizia a bruciare ed indolenzire la pelle, nel bene e male. Nel bene, con le persone che mi stanno a fianco, che mi conoscono e mi stimano, a cui darei comunque da pensare e penare, preoccupandole. Nel male, con l’intero resto del mondo giudicante.

Se fossi Gianni De Biasi sarei stupito (anche se purtroppo già scafato) di questo strano e pazzo mondo del calcio: ai suoi sbalzi, agli umori, a quel mancato filo logico che si dovrebbe tenere in tutte le situazioni e che ogni volta, inequivocabilmente, viene spezzato, o dai facili entusiasmi, o dalle mai tardive polemiche, spesso assillanti e velenose.

Se fossi Gianni De Biasi mi chiederei che fine ha fatto il clima della conferenza stampa di venerdì pomeriggio, agghindato in stile barocco di pizzi e merletti, sorrisi e battute, dolcetti e scherzetti, mutato con insospettabile tragicomicità in titoli inquisitori, avvisi di garanzia, istanze di fallimento.

Se fossi Gianni De Biasi mi mangerei poi le mani o il piede sbilenco di Stellone, nell’esserci cascato, o forse nel non esserci cascato, ma indubbiamente nell’essere rimasto “incastrato” – questo si – dal gioco degli svolazzi e neanche troppo velati riferimenti a quei discorsi sull’ipotetico “voto” in caso di promozione diretta, estorto con violenza dai sogni notturni e portati allo scoperto, alla ribalta della cronaca e sopratutto della sfiga, prontamente rapace quando c’è da tarpare anche il più leggero battito d’ali.

Se fossi Gianni De Biasi risponderei anch’io – a caldo – che rifarei le medesime scelte e sostituzioni: il cambio Melara-Fantini aveva un suo perché, purtroppo conclusosi negativamente, ma sul momento poteva sembrare anche una scelta ragionevole. In seguito, a mente fredda, constaterei l’errore di valutazione, consapevole, però, che nel calcio non dimorano certezze e magari se avessi inserito Ferrarese in luogo dell’ex livornese, a quest’ora staremo a disquisire su una sconfitta imperdonabile.

Se fossi Gianni De Biasi me ne fregherei di uno striscione posto sul campo di allenamento. Ce ne sono così tanti allo stadio che uno anche ad Orbassano fa addirittura colore e meno desolazione per un terreno allo stato brado.

Se fossi Gianni De Biasi mi sentirei orgoglioso della mia completa assunzione di responsabilità sia nel dopo partita che nel lunedì più nero della stagione, felice di rappresentare il parafulmine sacrificale della squadra, composta da ragazzi e uomini, prima ancora che figurine o nomi a caratteri cubitali sui giornali.

Se fossi Gianni De Biasi rimarrei attonito dai tempi che cambiano: qualche anno fa non sarebbe dovuto intervenire il vento a strappare quel telo fastidioso. L’intera squadra, o i giocatori più carismatici, avrebbero distrutto la scritta incriminante. Al giorno d’oggi, invece, con la speculazione mediatica in prima linea, l’idea di inimicarsi una frangia della tifoseria con gesti eclatanti o controcorrente – immediatamente enfatizzati e commentati dai mezzi di informazione – produce soggezione, paure, e staticità. Come gli struzzi, i calciatori hanno preferito mettere la testa sotto terra fingendo di non guardare, non sentire e non agire, per evitare problemi. Poi, nel chiuso dello spogliatoio, sotto traccia, è partita la solidarietà comune, quella che, perlomeno, garantisce la buona fede di tutti.

Se fossi Gianni De Biasi farei una telefonata a Doriano Tosi, ex direttore sportivo del Modena, da poco svincolato dalla società gialloblù ed in attesa di occupazione. Poi comporrei il numero di Cairo…

Fossi in Gianni non leggerei più niente che parli di me o della squadra. Andrei avanti con le mie idee e quelle dei miei collaboratori, sarei caricatissimo e voglioso di spaccare il mondo, trionfando nelle prossime partite, portando il Toro a raggiungere i suoi traguardi (prego toccare ferro) e poter poi finalmente togliermi qualche sassolino dalla scarpa…

Se fossi, se fossi…ho appena scritto un articolo senza alcun senso, da vero pazzo malato di Toro. Io non sono un bel niente se non un libero pensatore. E voi?

A cura di
FEDERICO FRENI

Fonte: NESTI Channel

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