De Biasi a cuore aperto

Gianni De Biasi è un uomo tutto d’un pezzo. Lo vedi quando cammina nell’atrio della conferenza stampa, risponde al telefono, rischiara la voce dinanzi ad un qualsiasi microfono. Petto all’infuori, mascella da duro, cordiale e sbrigativo a seconda della situazione, lavoratore instancabile e attento osservatore dei comportamenti umani, spesso nasconde con lo sguardo interlocutorio e quegli occhi fessurati, ciò che il cuore, generoso e passionale, detta alla mente, sincera e razionale, alla quale sovente chiede e ottiene rifugio, nascondendo così, per eccessivo pudore, le proprie emozioni, sinonimi di fragilità e profonda sensibilità.

Ed è per questo che diventa piacevole formare un “collages” delle sue dichiarazioni emotive, affrontando discorsi legati al mondo del calcio, ma in una maniera diversa dai soliti rituali di ogni giorno, abbandonando per un attimo, moduli, schemi e avversari, e lasciando spazio al De Biasi pensiero, pungolato e interrogato su argomenti di intensa umanità:

DE BIASI E IL 4 MAGGIO

Le Sensazioni

“E’ stato importante aver toccato con mano cosa significa Superga, aver visto tutti quei bimbi calcare il prato del Filadelfia. Non era solo un fatto coreografico, ma un segno importante per guardare al futuro. E poi, personalmente, mi ha fatto piacere vedere tutti quegli ex giocatori, tra cui Agroppi che non incontravo da tanto tempo. Un peccato solo non aver potuto parlare con Pulici a Superga”. (4 Maggio 2006)

Momenti Emozionanti e Commozione

“Quando, durante la rievocazione, ho sentito la voce di Sandro Ciotti che parlava con una delle mogli dei calciatori periti, dopo la tragedia, l’emozione mi ha preso enormemente”. (4 Maggio 2006)

La Maglia

“Io prima non conoscevo il mondo Toro, ma viverlo è diverso che farselo raccontare. Ti rendi conto che sei partecipe di qualcosa di grandissimo, sicuramente di unico. Non è retorica parlare di cuore granata. Chi ha giocato con questa maglia si rende conto di aver vissuto in un luogo diverso: qui si mescolano amore, ricordo, passione per i colori. Per me, il fatto di ‘Esserci’ è già importante”.

La Piazza

“Penso che non abbia prezzo allenare in una piazza gloriosa come questa. Vivere il Toro è un’esperienza introvabile in qualsiasi altra società”.

La Filosofia

Il Toro è una filosofia di vita diversa, che va oltre il calcio”.

Il Filadelfia

“Ci sono stato la prima volta l’anno scorso ai Santi, alle 8 e un quarto della mattina. Poi alle 10 sono salito a Superga per la messa. Che sensazioni? Vedere che nel luogo in cui sono state scritte le pagine più belle della storia del Toro c’è questo senso di abbandono, mette tristezza”.

I precedenti contro i granata

“Non ho mai giocato nel Filadelfia. Mai. Neanche quando ero nelle giovanili. E con la prima squadra ho affrontato solo una volta il Toro: era il febbraio 1978, Pescara-Torino 2-1. Beh, il risultato quasi non volevo ricordarlo… “.

DE BIASI e il suo LAVORO

Al suo ritorno…

“Perché ho accettato? Perché amo rischiare e sono orgoglioso. Poi c’era la possibilità di lavorare con ragazzi che ho potuto conoscere qualche mese fa e coi quali credo di poter percorrere un cammino interrotto”.

“Ho rifiutato sei panchine nella speranza di riabbracciare il Toro. Sono pronto. Il Toro mi è mancato. Ho passato un periodo vicino alla mia famiglia, ma avevo sempre negli occhi e nelle orecchie la serata di Toro-Mantova”.

«I giocatori devono ragionare con una sola testa, che è quella dell’allenatore. E le sue parole devono essere il loro vangelo, l’unico dogma inconfutabile. Chi sta con me, ok. Chi non lo farà, fatalmente, si perderà per strada ».

Il contratto

«Sono uno vecchia maniera, un sensibile, una persona che si affeziona molto alla squadra nella quale lavora. Dò tutto me stesso e vivo per il club. Se potessi, farei un contratto a vita con il Torino…».

Dopo Torino-Mantova, finale play-off

Gianni De Biasi, reduce dalla doccia negli spogliatoi, sale in sala stampa trafelato ma ancora ebbro di felicità. “Sono come uno uscito da una cantina dopo aver fatto il pieno… Abbiamo brindato, si è fatta festa. Cairo in boxer? E’ successo di tutto”.

“Provo una gioia che non riesco neanche ad esprimere. Abbiamo fatto un’impresa straordinaria con un gruppo di ragazzi generosi, bravi tecnicamente, che hanno saputo superare un periodo terribile”.

La vittoria più significativa

”Ovviamente quella contro il Mantova che ci ha regalato la Promozione in serie A. Emozioni indescrivibili davanti a sessantamila tifosi avvolgenti ed entusiastici. Una serata da sogno che ha coronato un’impresa nemmeno immaginabile fino a qualche mese prima”.

“Non c’è una vittoria più bella dell’altra. Quando si vince è tutto bello. Ricordo però come vittoria particolare quella sul Brescello, col Modena. Era il 97’ e sembrava una partita stregata. Riuscimmo a vincere, lanciandoci verso la promozione in serie B”. (Aprile 2006).

Il Ripescaggio

“Essere ripescati nella massima serie? Sono un tipo orgoglioso, vorrei guadagnarmi la serie A sul campo. In ogni caso se accadesse sarebbe solo la restituzione di quanto tolto l’anno scorso, ma non voglio nemmeno pensarci”.

La Paura

“Dobbiamo aver paura solo di noi stessi. Vale in ogni situazione, contro qualunque avversario. Rispetto sempre. Paura mai. Se andiamo in campo con la testa giusta, sarà dura per chiunque”.

L’umiltà

“L’umiltà e la consapevolezza, se utilizzate nella giusta misura, sono fondamentali. Sappiamo che possiamo farcela, ma non dobbiamo farci illusioni”.

Il Coraggio

“A volte non riuscire a raggiungere un obiettivo che tutti aspettano con ansia può demoralizzare. Quindi, piedi per terra. Non lo dico perché mi manca il coraggio, di quello ne ho eccome, inoltre so leggere tra le pieghe della mente umana. E pensare che quando dissi queste cose qualcuno mi aveva “richiamato” in prima pagina”.

Il 04/09/2005, alla prima intervista da granata…

“Sono felice di essere qui e spero di rimanerci anche a fine campionato. Dopo aver accarezzato l’idea di allenare l’Udinese in Champions League, sono pronto a buttarmi con orgoglio in un’altra bellissima avventura in serie B. Ho ricevuto offerte anche più allettanti e mi voglio scusare pubblicamente con altri presidenti, ma non potevo rifiutare il Toro. Questa è una società con un blasone tale ed una storia così gloriosa alle spalle che non potevo dire di no. Oltretutto l’entusiasmo del Presidente Cairo mi ha contagiato e ci siamo trovati subito in sintonia”.

“Oggi, con l’organico che abbiamo, il nostro obiettivo è rimanere in serie B. Non sarebbe realistico parlare d’altro, nonostante abbia trovato un gruppo di ragazzi molto determinati. Per la serie A ci stiamo attrezzando. Entro questa sera arriveranno due o tre giocatori: uno è Orfei, difensore centrale, svincolato, che ho avuto un anno a Modena con me, l’altro è Fantini. Per quanto riguarda il terzo voglio aspettare finché non sono sicuro”.

“Ovviamente il nostro non si può nemmeno chiamare ‘mercato di riparazione’, perché tutte le squadre sono già a posto. Abbiamo solo una settimana e ci sono grosse difficoltà. In parole povere: quando vai a chiedere un giocatore è dura. Comunque sia, la società ha obiettivi ben chiari e poi a gennaio aggiungeremo certamente qualche altro tassello. Se così non fosse, vuol dire che stiamo andando bene”.

DE BIASI E IL CENTENARIO GRANATA

Essere presente, per forza, perché quello che importa si trova in fondo al cuore e assume il nome di energia. Energia, appunto, vibrazione, adrenalina, in una parola Emozione con la E maiuscola, misto di sentimenti cavalcanti e passionali che stimolano la vita dell’uomo, rompono la routine quotidiana e sfidano il destino.

Gianni da Conegliano ha preso la macchina sabato pomeriggio e si è fiondato in un recente passato ancora amaro per l’epilogo scaturito, funestato da sensazioni trasversali, pensieri diversi, opposti e intrecciati, legati da un anno di fatica e progetti, sconfitte e ostruzioni, vittorie e trionfo, preludio al distacco.

E’ tornato per essere abbracciato, per chiedere e ottenere rispetto, legittimare il diritto, peraltro già acquisito, di sentirsi parte di una Storia Infinita a tinte granata, incolonnato anch’egli tra le centinaia di travi portanti di un’entità concreta e astratta chiamata TORO, indescrivibilmente TORO.

L’hanno chiamato per cucire uno strappo, l’hanno abbigliato col prezioso drappo, lui ha sfilato con le braccia al cielo e lo sguardo nostalgico, amaro e gioioso, rammarico orgoglioso. Come un padre di fronte alla figlia all’altare, ha messo via gli umori contrari, si è abbandonato ai sensi dell’amore, affidandosi ai cori cullanti delle curve avvolgenti e confortanti.

Ha portato i pugni sul petto, alla Maratona si era promesso, ha capito di aver lasciato qualcosa, prima l’Uomo poi l’Allenatore, e in entrambi i ruoli ha tracciato un successo, scortato dagli attestati di stima e affetto di amici, colleghi e giocatori (Rosina e Muzzi su tutti).

Ha guardato e tifato per i Suoi ragazzi, ha sofferto, patito e invocato. Ha goduto al gol di Comotto, ha ringraziato la Sorte Bendata, strizzandogli l’occhio, com’è solito fare con chi comunica un feeling intimale.

Ha dato e ricevute pacche sulle spalle, ha stretto le mani a miti lontani, Sauro Tomà, Lido Vieri, Denis Law e salutato un amico conosciuto lo scorso anno, persona semplice, occhi penetranti, intrisi di forza: Paolo Pulici.

Ha omaggiato idealmente tutti, anche il Presidente, perché i futili risentimenti personali, dinanzi alle concessioni suadenti di un Secolo ammirato senza veli per un solo pomeriggio, cadono nei ricordi destinati a lasciare il passo durante gli anni a venire.

DE BIASI E CALCIOPOLI

“Sono sicuro di essere stato per tutta la mia vita completamente al di fuori della logica di “fare risultato a tutti i costi”. Non ho mai avuto sponsor particolari, né tantomeno ho fatto parte di una scuderia. Anzi, procedendo sempre a briglie sciolte, ne ho pagato le conseguenze, arrivando ai massimi livelli del calcio italiano assai tardi. La Gea ed il mondo dei procuratori? Io mi procuro da solo”.

“Lo striscione: ‘Grazie Moggi, il fine giustifica i mezzi’? E’ un episodio da condannare, assolutamente. Le regole vengono scritte per essere applicate, non si può pensare di derogarle per raggiungere un qualunque obiettivo. E’ un fatto gravissimo”.

“Una volta passata la bufera, lo sport deve tornare ad avere il sopravvento sul business. Quello che stride, nel calcio di oggi, riguarda lo stesso discorso: si è badato, soprattutto negli ultimi anni, più all’utile ed all’aspetto economico, piuttosto che allo sport inteso come gioco e agonismo. Alla lunga, questo atteggiamento, porta alla morte del calcio”.

Continua…