De Biasi: “Il mio Toro esplosivo”

Gianni De Biasi un pri­mo bilancio dopo dieci gior­ni di ritiro?
«Sono molto soddisfatto: l’o­biettivo è creare un gruppo for­te e coeso per poi andare in campo a onorare la maglia e cercare di prenderci qualche bella soddisfazione».

Come giocherà il Toro?
«Beh, dipenderà anche dall’av­versario e da cosa ci lascerà fa­re. Ma è chiaro che noi prove­remo a esercitare il possesso palla, sfruttando le fasce late­rali, i tagli degli esterni offen­sivi, l’inserimento a turno di un centrocampista. Avremo parecchie soluzioni, è quel che stiamo provando».

Con Amoruso potrete attac­care anche molto di più con palla a terra.
«Diciamo che catapultare pal­loni dalla difesa, talvolta, può essere una necessità; ma certo con Nicola potremo anche mi­gliorare la qualità delle nostre giocate».

Lui non ha neanche paura di rinculare sino a metà campo per prendere palla e dare il via all’azione.
«I grandi giocatori sono quelli che sanno mettersi al servizio della squadra, indipendente­mente dalle loro qualità tecni­che. Nel Manchester ho visto un certo Rooney fare il terzino aggiunto, in Champions Lea­gue. Ma ripartendo faceva un coso così agli altri».

Riuscirà il Ferguson italia­no a fare altrettanto con il suo Ro…sina?
«Il calcio è sempre più uno sport di corsa: se la sai fare, tanto e bene, con le qualità tec­niche poi metti in crisi qualun­que avversario».

Al di là dei singoli, insom­ma, ci vuole un gruppo soli­do e affiatato…
«Io voglio un Toro che in cam­po si aiuti, condividendo gli sforzi e le gioie, tutelando i suoi migliori interpreti e mettendo­li nelle condizioni di esprimere il talento che hanno. La squa­dra di calcio è come un’orche­stra: la nostra sintonia è il loro spartito e non ci devono essere stecche. Troppe stonature por­tano all’insuccesso».

Il suo predecessore Novelli­no le invidia Amoruso e la capacità di mettere pressio­ne al presidente Cairo sul mercato.
«Posso solo dire che quando so­no andato via dal Toro io non ho rilasciato interviste».

Davvero mette pressione al presidente?
«Macché… Io cerco di dare di­rettive, compatibilmente con gli aspetti tecnici e quelli eco­nomici ».

Però le sarebbe piaciuto an­dare in ritiro con la squadra già fatta, eh?
«Beh, se uno parte con tutti gli elementi a disposizione, com’è successo l’anno scorso, questo certo aiuta. Nel nostro caso fa­remo con quello che c’è: io non mi piango addosso, non vivo di rimpianti e vedo quel che si può migliorare».

Soddisfatto dal mercato?
«Stiamo lavorando, il calcio è cambiato, c’è tempo sino alla fine di agosto. La scorsa setti­mana fa ci avete fatto sentire forse più bravi di quello che siamo stati. Ci stiamo muo­vendo a fari spenti, speriamo di riuscire a definire quelle operazioni che possono ulte­riormente migliorare il Toro».

C’è un problema Di Miche­le?
«Che mi risulti, no. Sabato non ha giocato semplicemente per­ché indisponibile, mica per al­tro. Sta smaltendo i dolori agli adduttori, appena sarà pronto lo vedrete in campo».

Questo intanto aiuta a spaz­zare sul nascere possibili polemiche…
«Non ci sono, né ci devono es­sere. Per me la cosa più impor­tante, nei rapporti interperso­nali e quindi anche con i calcia­tori, è dirsi le cose in faccia. Con Di Michele ci siamo chia­riti, dunque non vedo proble­mi ».

La sensazione palpabile è che il giocatore, però, non stia più bene nel Toro: come dire, non senta più suo que­sto ambiente.
«E’ chiaro che uno è più felice quando la gente applaude, perché ti fa sentire determi­nante.
In ogni caso Di Michele è un giocatore importante, dal punto di vista tecnico ha enor­mi qualità. A volte i calciatori non riescono a dare il 100% perché viene a mancare il fee­ling con l’ambiente che circon­da la squadra: sembrano scioc­chezze, invece fanno la diffe­renza ».

Le voci di mercato disturba­no?
«I giocatori sono abituati a sa­lire e scendere da questa gio­stra, ormai fa parte del gioco. Per me il calciomercato è trop­po lungo, non ha senso e non fa bene al calcio. Magari aiuta i giornali… Di certo non gli alle­natori».
E se fosse Stellone il centra­vanti che cercate?
«Roberto è un grande talento, purtroppo mille problemi fisi­ci hanno penalizzato la sua carriera. Talvolta forse eccede un po’ troppo in inutili ghiri­gori stilistici, con la maturità che ha può sfruttare meglio le sue doti. Io sono convinto che lui possa disputare un’ottima stagione, con grandi soddisfa­zioni per lui e per il Toro».

Le piace Paloschi?
«Io non sono uno che parla an­che dei giocatori che non cono­sce. Ero in Spagna quando lui giocava in Primavera, l’ho vi­sto in tv segnare contro il Sie­na, sfruttando il primo pallo­ne che ha toccato, e poi nei fil­mati della domenica. L’ho se­guito anche sabato sera, con l’Under 19: ma da qui a espri­mere un giudizio ce ne passa; non sono io quello che deve co­noscerlo: abbiamo persone che lo fanno di mestiere, come Pe­derzoli. E io mi fido del nostro direttore sportivo».

Se arriva il rossonero, l’età media si abbasserà ancora…
«Noi abbiamo un giocatore di grande prospettiva, Rosina, che è pure il nostro capitano, del 1984. Poi abbiamo giocato­ri dell’86, dell’87, dell’88 e dell’89. Investiamo sui ragazzi promettenti. I giovani devono fare esperienza sulla propria pelle, per crescere: ma noi non possiamo farlo sulla nostra, col rischio di perdere le partite. E allora come in tutte le cose ci vuole equilibrio. Tanto lo so già cosa diranno quelli che sanno sempre tutto…».

Cosa diranno?
«Diranno che De Biasi non ve­de i giovani e non li fa giocare. E invece non è così. Io li vedo i giocatori. Vedo i vecchi e vedo i giovani. Vedo: e quelli più utili per la causa del Toro giocano».

Malonga, classe ‘89, sta fa­cendo molto bene. Concor­da?
«Da lui mi aspetto che sfrutti le occasioni che gli verranno date. E’ un ragazzo a posto, l’ho conosciuto bene qui a Malles e mi ha stupito molto. Per lui questo è il secondo ritiro con una squadra professionistica: i carichi e i ritmi cambiano, ri­spetto al settore giovanile. Al Toro serve il suo entusiasmo, ma il mio compito è quello di tenerlo per le briglie».

De Biasi è molto severo con i suoi giocatori?
«Io preferisco le pacche sulle spalle ai calci nel sedere. Me­glio costruire che distruggere».

La sensazione è che qual­che giocatore non perda mai l’occasione per rimpro­verare Malonga.
«Non è un problema, anche se qualcuno dovrebbe guardare in casa propria prima di parla­re. Resta il fatto che se io sono nei suoi paraggi nessuno gli di­ce nulla: Malonga ha una grande occasione, come tutti del resto. Chi merita, gioca: il campo detta le gerarchie».

Un primo giudizio sull’au­striaco Saumel?
«Può ritagliarsi uno spazio im­portante. Ha buonissima qua­lità, forse è solo un briciolo in ritardo sotto l’aspetto fisico e tattico, ma recupererà in fret­ta. E’ un ragazzo riservato, umile e intelligente: non l’ab­biamo preso per questo, però il suo carattere lo aiuterà ad am­bientarsi meglio».

E’ vero che si è arrabbiato perché non è stato scritto che anche il Toro ha usato il pallone al primo giorno di ritiro?
«No, non è vero perché lo faccio da anni: come moltissimi colle­ghi, peraltro. Dunque non c’e­ra notizia».

Vuol dire allora che nemme­no De Biasi è un pirla.
«Questo non lo so… Comun­que, mai vantarsi».

Fonte: Tuttosport