Parla l’allenatore granata De Biasi

De Biasi, 500 tifosi si sono fatti mezza giornata di auto per vedere il Toro infierire su una squadra di dilettanti.
«Io e gli ultrà ci assomigliamo, siamo spontanei e irascibili, anche se l’età mi impone di essere più riflessivo».

Loro si sono divertiti a vedere otto reti, ma lei ne ha tratto qualche indicazione utile?
«Mi interessava verificare i movimenti e la mentalità che sto cercando di inculcare ai ragazzi».

Vale a dire?
«Voglio una squadra che in campo si aiuta, che ripartisce gli sforzi, che tutela i giocatori di qualità e li mette nelle condizioni di esprimersi al meglio. Siamo andati bene nel primo tempo, così così nel secondo».

Com’è cambiata la preparazione rispetto al suo Toro dell’estate 2006?
«Lavoriamo su distanze più corte. L’obiettivo è arrivare al 31 agosto quasi al massimo della forma».

Avete ritoccato le tabelle di lavoro dopo il sorteggio dei calendari?
«No».

L’anno scorso la squadra correva moltissimo sulla pista di atletica, ora tutti in campo.
«Ognuno ha i suoi convincimenti. Io credo nella specificità del calcio e quindi fin dall’inizio faccio usare il pallone. Una volta si mutuavano le metodiche dell’atletica: ci volevano quattro mesi per recuperare le prime quattro settimane di preparazione».

Come fa a essere sicuro che i carichi siano ben distribuiti?
«Ogni giocatore ha addosso un cardiofrequenzimetro. A fine seduta sappiamo se ha lavorato nel modo corretto».

Novellino sostiene che se avesse avuto Amoruso le cose sarebbero andate diversamente.
«Quando ho lasciato il Toro, io non ho concesso interviste».

Finora le è piaciuta la campagna acquisti?
«E’ un argomento che non vorrei toccare. Ci avete fatto sentire bravi, ma stiamo ancora lavorando».

Per forza: tre acquisti in una settimana, siamo un po’ oltre la media del Toro. Questo Pratali che ha appena firmato era un suo pallino?
«E’ un difensore centrale mancino di buone qualità. Lo seguivamo da tempo e l’abbiamo preso quando i prezzi sono diventati ragionevoli».

Cairo ha promesso ancora un centrocampista e un attaccante, Abate va alle Olimpiadi: è un problema allenare una squadra incompleta?
«Sì, anche se non sono il tipo che si piange addosso. Un mercato così lungo fa bene ai giornali, non al calcio».

Ne parla al presidente?
«Cerco di dare indicazioni. Purtroppo non sempre si riesce a coniugare l’aspetto tecnico con quello economico».

Paloschi?
«Non lo conosco, l’anno scorso ero in Spagna. Ho visto il filmato del suo gol al Siena e la finale dell’Europeo Under 19. Ho bisogno di altri elementi per valutarlo. Mi fido del ds».

E’ un attaccante troppo immaturo per i suoi gusti?
«Lo so che mi accusano di non vedere i giovani. Il dramma è che io i giovani li vedo, poi però devo mettere in campo la formazione migliore».

Restiamo sui singoli: Saumel?
«Ragazzo intelligente e bene educato, impara in fretta. Può ritagliarsi uno spazio importante».

Rosina?
«I grandi giocatori sono quelli che si mettono al servizio della squadra. In Champions League ho visto Rooney giocare terzino aggiunto. Il calcio è come un’orchestra: devi seguire lo spartito. Le stonature portano all’insuccesso».

Non è ragionamento da pirla, direbbe un suo collega.
«Non so, meglio non vantarsi».

Fonte: La Stampa