Una vittoria che dà serenità

Lo vedi, quando arriva in sala stampa. Sorridente, allegro, occhi brillanti, mascelle distese e cordialità disarmante con tutti, cannibali e poeti, semplici portatori del loro mestiere, mestieranti, giornalai e giornalisti, luci e ombre di una professione, quella dell’allenatore, perennemente sulle montagne russe, ieri imputato, oggi celebrato, domani chissà.

La vittoria, quella si, non è un gioco circense, non una pantomima di sguardi, strette di mano e pacche sulle spalle, ma tre punti concreti, guadagnati con sofferenza, passione e tanto lavoro non solo di mani e gambe, ma di testa, voce e cuore. De Biasi lo sa, è conscio dell’importanza del risultato, non tanto ai fini della classifica, quanto nella psicologia dello spogliatoio, scottato e frustrato dagli ultimi risultati poco incoraggianti, sebbene l’ impegno non fosse in discussione.

Aspetta il suo turno, il tecnico, aspetta. Seduto nel vano della sala stampa, attende che Taibi finisca di parlare. Ed il portiere comunica, dialoga, non la smette più, custode a volte distratto della porta granata, paladino dell’inviolabilità dinanzi ai calabresi. Ah Taibi, pensa De Biasi, anche tu, dall’alto della tua esperienza, ci hai fatto dannare non poco. Ma non importa, questo è il calcio, questa la mia vita, scarrozzandomi dal Piemonte al Veneto finita la partita, per riabbracciare il sorriso famigliare delle persone che mi vogliono bene, sostegno e forza nei momenti grevi.

Si alza, passeggia, beve un sorso d’acqua. Dialoga e sussurra con cronisti di fede, il tono è confidenziale, il momento della carota vale anche per loro. Non c’è bisogno di invitarli a cena (il privilegio tocca solo al Presidente), basta una piccola dose di attenzioni, sollevando vespai di fusa, atteggiamenti ammiccanti, taccuini spuntati che profumano di armistizio.

“L’importante era vincere – l’incipit De Biasiano – riprendere confidenza con la vittoria e superare il momento difficile. La prestazione è stata condizionata dal periodo negativo, dalla paura di sbagliare, in certi momenti la palla può anche scottare”. Domande di sorta, domande di stile, risposte precise, menzioni particolari:”Edusei bene, Ferrarese benissimo, ha delle caratteristiche fisiche che gli permettono di entrare in partita con tempismo”.

Pillole di dolcezza, il gruppo va protetto, la faccia è una sola, nelle carezze e nei ceffoni, perché nessuno domani avanzi alibi, e tutti corrano nella medesima direzione, quella di capitan Brevi, una liberazione, con dedica speciale rivolta alla panchina, anche se mai lo ammetterà: “Brevi ha segnato per la squadra, il Toro ed i tifosi. I ragazzi non devono vincere per me ma per loro stessi”.

Clima sereno, calma olimpica, la freccia di fuoco che sferza l’aria si chiama Rosina, ed una sostituzione fischiata lungamente dalla curva Maratona, stanca di soffrire, ingorda di vittoria. La risposta non lascia scampo ad eventuali repliche, chiude i battenti, esaurisce le scorte dei maligni: “Il pubblico ci ha sempre incitato e può permettersi di disapprovare alcune scelte. Quello che non sapeva, però, è che il calciatore stava male ed aveva un problema fisico”.

Si chiude il sipario, si apre l’uscita, un piccolo gesto, bacio innocente, doveroso omaggio a donna Cairo, e poi via, solo con se stesso, una strada, una macchina e qualche pensiero, come ogni uomo, come ogni padre, Gianni De Biasi.

A cura di Federico Freni

Fonte: NESTI Channel