Lettera aperta a De Biasi

Erano da poco passate le 16, quando Cairo me lo aveva confermato, in una concitata sala, al primo piano di Palazzo Civico, nel dopo conferenza stampa con Chiamparino, durante i travagli di fine agosto, e l’ombra del Giovannone mangiafuoco all’orizzonte: “Si, De Biasi è in stand-by, lui aspetta una mia chiamata”.

La prima sensazione, lo ammetto, distogliendo dalla mente, per un attimo, i pensieri nefasti che attanagliavano qualunque anima granata, fu di profonda dubbiosità: “De Biasi? Allora è proprio vero! Non male, certo, un allenatore da serie A, e però, nulla di trascendentale. E’ stato appena esonerato dal Brescia, dove si è visto che senza Baggio…, mah, a Modena ha fatto bene, saprà ripetersi in una piazza come questa? Non sarà quel tipo di allenatore tutta tattica, che ha bisogno di mooolto tempo per plasmare la squadra?”.

Ho dubitato, è vero, e me ne pento. Mi ricordo che, tornato all’amara realtà, battezzai le mie titubanze come “miracolose” se si fossero concretizzate, perché avrebbero significato il ritorno al calcio del Torino, giunto in quel momento sulla soglia del punto di non ritorno.

Cosa successe, è inutile ricordarlo, lo sanno anche le pietre, ma da lì, forse, scattò quella strana energia che, rifacendomi al libro del grande Roberto Thoni, penetrò nell’anima di un signore trevigiano, che lasciò il proprio destino ad una telefonata, e già sensibile di suo, fu macchiato da una voglia di rivalsa, tremendista e volitiva, emancipata dalle vendette quotidiane e pervasa dallo spirito indomito degli antichi guerrieri, sempre dritti, sempre in piedi, dinanzi alle nuove sfide.

Così mi piace immaginare Gianni De Biasi da Sarmede, paesino di tremila anime del Nord est italiano, così mi piace raccontare l’ennesima storia nata nel “paese delle fiabe” (è questo, pensate un po’, l’appellativo di Sarmede) e giunta nella città magica dei misteri, per infittire ed approfondire la trama della propria vita, fredda e tutta d’un pezzo di primo acchito, calda e ribollente, scavando al suo interno.

L’uomo De Biasi non lo conosco. Mi sono limitato ad osservarlo, ad Orbassano, dopo le partite, in conferenza stampa. L’allenatore De Biasi (e il distinguo lo conosce solo lui) non è capace di fingere; il suo sguardo, l’atteggiamento un po’ sfrontato, spavaldo, a volte presuntuoso, nascondono preoccupazioni, pensieri, emozioni e forse (ma qui vado nel campo delle ipotesi), un filo di timidezza.

Preparato, attento ai minimi dettagli, metodico e studioso anche della psicologia umana, si è rivelato un generale serio e severo, pratico e concreto, ma nel continuo richiamo di ciò che gli dice il cuore, bussola di ogni viaggio.

E dunque, Buon Natale, caro mister, che la traversata sotto la Mole sia lunga e serena, e che il capitolo finale della sua storia sia contornato da bandiere granata festanti al vento, cosicché Torino possa tornare a sognare, come nella tradizione delle migliori fiabe…

Fonte: NESTI Channel