La cura De Biasi funziona: Bovo regala al Toro il primo successo dopo sei sconfitte

Teniamo per buono il primo tempo del Toro, quello che ha segnato davvero il passaggio tra la gestione di Zaccheroni e quella più sanguigna di De Biasi, per valutare la rivoluzione che porterà i granata fuori dai pericoli della retrocessione. L’1-0 sul Cagliari è risultato piccino e la vittoria è stata estremamente faticosa, se Abbiati risulta il migliore in campo e per un giorno potrebbe permettersi di camminare sulle acque: eppure il segnale e la speranza nel cambiamento sono arrivati a chi ha trascorso il pomeriggio allo stadio, magari sprecando un giorno di ferie (o chi piazza il campionato di mercoledì e in questo orario pensa che il calcio interessi solo ai farmacisti e ai verdurieri chiusi per turno?).

Il Toro reduce da sei sconfitte ha giocato una partita normale. Come non gli succedeva da tempo. E nella sua partita normale c’è stata una decina di minuti in cui ha compresso il Cagliari senza farlo uscire mai dalla propria metà campo e questo non si vedeva davvero da un’eternità. In quella fase è venuta la rete di Bovo, di testa sul calcio d’angolo di Rosina, l’ultimo di una sequenza cercata e voluta. De Biasi non è il mago Merlino. Però ha lavorato su due aspetti semplici semplici: ha restituito un po’ di coraggio a una squadra più depressa del Mar Morto e l’ha sistemata con un modulo che l’ha portata a cercare il gol, più di quanto non facesse Zaccheroni. Un uomo in meno in difesa, 4 sulle fasce di cui 2 erano Rosina e Lazetic, cioè gente che se vuole riesce a pungere, più una seconda punta centrale dietro ad Abbruscato. Non è la scoperta della fissione nucleare: è il tentativo per far capire a chi va in campo che bisogna arrivare in porta.

Il Toro l’ha fatto in quei 45’ incandescenti. Come se volesse scrollarsi dalle spalle il mantello pesante: senza più alibi, i giocatori sapevano che una prestazione come a Verona contro il Chievo avrebbe chiamato in causa loro. Solo loro. Tranne una fuga di Suazo conclusa con un tiro addosso a Abbiati (l’honduregno ha giocato con troppo sussiego), i granata hanno frenato il Cagliari e l’hanno attaccato con le incursioni di Rosina, che all’ala può puntare meno in porta ma ci prova lo stesso. L’occasione migliore, il piccoletto l’ha avuta quando si era già sull’1-0: Lopez respingeva sulla linea.

Piaceva la qualità della spinta, più che la pulizia delle azioni. Comotto, ad esempio, avrebbe potuto spingersi di più e Abbruscato tenere in vita qualche pallone, ma forse è pretendere troppo dal gioiello che Cairo cita di più. Toro vivo, finalmente. Lo era meno il Cagliari. Giampaolo ha vissuto la stessa esperienza di De Biasi, cacciato e richiamato: l’effetto non era lo stesso, almeno all’inizio, perché aldilà di una disposizione sbarazzina i sardi giocavano chiusi con la sola opzione di lanciare Suazo in velocità. La situazione cominciava a cambiare dopo la rete di Bovo e si trasformava radicalmente nella ripresa in cui il Toro, troppo teso per la vittoria che si avvicinava dopo 3 mesi, non impegnava mai Fortin e si richiudeva come abbiamo visto fare altre volte, l’anno scorso, con quei finali votati a resistere, resistere, resistere manco fosse Borrelli e non De Biasi a ispirarli. In A può essere pericoloso. Sta di fatto che cambiava l’assetto, sempre più prudente e Abbiati montava la sua personale barricata: il volo sulla punizione di Capone al 44’ era un capolavoro, ma anche gli altri non erano male.

Fonte: La Stampa