Intervista in rosa a Gianni De Biasi. L’uomo e l’allenatore

Buongiorno Mister, come sta, ha festeggiato il suo compleanno?
Benissimo grazie. Si, ho festeggiato, anche se la festa vera sarà stasera (sabato 17 giugno,ndr) – in effetti c’è tanto da festeggiare.

Quand’era ragazzo e giocava nel San Giacomo per che squadra di serie A tifava?
L’Inter.

Chi erano i suoi giocatori mito dell’epoca?
Mazzola in primis e poi Rivera, anche se era avversario.

Che mestiere sognava di fare da grande, quand’era piccolo?
L’avvocato.

Ora che fa l’allenatore, quali sono le differenze?
Faccio l’avvocato dei miei giocatori: li difendo sempre.

Quali sono le doti che le hanno permesso di arrivare fin qui?
Innanzitutto il saper giocare a calcio, e poi la mia fortissima volontà nell’ arrivare, nel raggiungere gli obiettivi che mi pongo.

Da allenatore, cosa apprezza in un giocatore?
La voglia e la serietà, che sono l’approccio giusto a questo tipo di lavoro.

Qual’è il ruolo di un allenatore nello spogliatoio?
L’allenatore è un equilibratore, il suo compito è saper leggere bene le variegate situazioni che si presentano nel mondo del calcio.

Come si motivano i giocatori?
Eh, bella domanda. Bisogna far leva sull’orgoglio, sulla loro voglia di dare un contributo. Farli sentire partecipi, importanti nel loro ruolo. E’ più facile farlo che dirlo…

E come si sgridano?
Prendendoli da parte e con un confronto netto e diretto fin da subito. Mai davanti al resto del gruppo.

Nel caso di una competizione particolare – quindi non per l’intero campionato – i giocatori rispondono più ad un incentivo economico, ad una pressione emotiva o ad uno stimolo sportivo?
Io credo che avvertano di più la missione che devono compiere. Far sentire loro l’obiettivo, far capire che raggiungendolo possono fare qualcosa di importante per loro e per quel determinato momento produce i migliori risultati.

Come si stimola un allenatore?
L’allenatore deve trovare gli stimoli dentro se stesso. Gli stimoli sono ciò di cui è fatto, è la sua natura. L’impegno è quindi di riuscire a convogliare tutto ciò che uno ha dentro verso i suoi obiettivi.

Questa medesima squadra, senza nessun acquisto o cambio, se avesse giocato in serie A avrebbe potuto puntare alla salvezza quest’anno?
Non si può dire, però per come hanno giocato quest’anno tutti i giocatori e quello che hanno saputo dimostrare si, direi proprio che si sarebbe potuta ottenere la salvezza.

Come ha vissuto le aspettative del mondo granata dopo il 4 a 2 di Mantova?
E’ stata una grandissima delusione per tutti noi. Inaspettata e pesantissima, ma subito dopo la partita ho chiamato a raccolta tutti i giocatori e gli ho detto che ce l’avremmo fatta. Si, ci ho subito creduto.

Una cosa che ha fatto quest’anno e che non rifarebbe?
Rifarei tutto ciò che ho fatto quest’anno senza cambiare nulla. Rifarei davvero tutto, sia a livello personale che sul lavoro.

Il coro della Maratona che preferisce?
Beh, tutti. Davvero, nessuno in particolare.

Le sue sfide personali vinte.
Sicuramente quest’anno, l’aver centrato l’obiettivo di arrivare alla piazza importante. Nonostante la squadra composta in una settimana dal nulla e le difficoltà di gennaio e febbraio.

Il pensiero entrando allo stadio domenica sera con tutta quella gente?
Non possiamo deludere tutto questa folla, dobbiamo uscire con la serie A in tasca. A dirla tutta lo pensavo anche prima di entrare allo stadio.

Cosa significa cambiare continuamente città? Ce n’è una che considera particolarmente la sua città?
Cambiare significa avere sempre stimoli nuovi, ma ciò comporta anche lasciare per strada le persone con cui hai convissuto per un periodo la tua vita e ciò provoca un briciolo di nostalgia.
Non ho una città che considero particolarmente mia, amo Firenze che considero una città perfetta, a misura d’uomo. E poi noi siamo gemellati con loro…

Torino. Che cosa le piace, quali sono i posti che frequenta?
Sono sempre gli stessi, perchè noi siamo un pò abitudinari. In città frequento sempre due ristoranti. Nelle Langhe invece frequento diversi locali, in uno di questi sono diventato di casa.

Vino bianco o rosso?
Dipende dalla pietanza.

Quali sono i suoi hobby, come trascorre il suo tempo libero?
Durante l’anno ne ho veramente poco, qualche lettura e poco più. D’estate ne ho un pò di più e me approfitto con la bicicletta.

Ciò che le piace di più nell’essere riconosciuto e salutato per strada.
Nulla in particolare, mi fa piacere che mi si apprezzi per la persona che sono. Così come i messaggi che ricevo via email o sul mio sito, che mi apprezzano per la mia serietà.

C’è qualcosa che non le piace o l’annoia nelle domande dei colleghi maschi – durante le interviste dell’anno?
No, nulla. Fa parte del gioco. Forse sono un pò ripetitive, ma è naturale. E’ un appuntamento fisso, a cui ci si fa l’abitudine.

I 3 desideri al genio della lampada:
La salute per me e per i miei cari – più pace e serenità nel mondo – il Toro che vince lo scudetto.

Io invece possiedo una sfera di cristallo, gliela presto ma può chiedere di vedere una sola data nel suo futuro. Quale sceglie?
No, non sono così curioso. Vivo la vita giorno per giorno, per quello che mi dà. Conoscere il futuro significa bruciare un pò l’emozione di quando verrà.

Le 3 cose che si porterebbe anche sulla luna:
Lo spazzolino da denti – un libro (forse più di uno, visto che avrei un pò di tempo libero da occupare) – una scorta di generi alimentari di buona qualità.

De Biasi a 60 anni. Chi sarà, cosa farà?
Non lo so, spero di essere ancora qui. Sereno, tranquillo, in pace con me stesso e in salute.

A cura di
Claudia Ambrosini

Fonte: TuttoToro