Intervista a Gianni De Biasi per FIFA Weekly

Gianni De Biasi

Lei proviene dal calcio italiano: qual è stata la maggiore difficoltà nell’approcciarsi a una realtà così diversa come quella albanese?

Inizialmente la sfida più difficile è stata capire la mentalità delle persone e le potenzialità dei ragazzi, vedere come loro riuscivano a interpretare un nuovo tipo di calcio. Quello che è più difficile per noi è cambiare la mentalità delle persone: tutti hanno abitudini consolidate che difficilmente cambiano.

Ma credo che in questi tre anni di lavoro con la nazionale albanese siamo riusciti a mutare questo aspetto.

Qual era Il limite della squadra che non le consentiva di fare quel salto di qualità che, invece, ora sta facendo?

Nella mia esperienza ho constatato che, connaturato nel calciatore albanese  c’è l’accontentarsi di quello che riusciva a raggiungere. I ragazzi non sono abituati a guardare avanti e a porsi obiettivi più importanti: questo è tuttora l’aspetto più importante su cui cerchiamo di lavorare costantemente. Quello che cerco di inculcare ai mie ragazzi è l’idea di non adagiarsi sui successi e di  avere sempre fame di crescere, di provare a migliorare il proprio percorso formativo.

Cosa pensa di aver portato, personalmente, al calcio albanese?

Una cultura diversa del lavoro e dell’organizzazione, intesa in senso lato: dallo scouting alla ricerca di calciatori, dalla voglia di motivarli a portarli a cercare di vincere una sfida che magari loro non si erano neanche posti nella loro testa.

Qual è la situazione dell’Albania a livello di strutture per il calcio?

Siamo messi male. E’ difficile trovare strutture per gli allenamenti dei ragazzi, anche se negli ultimi anni ho notato che molte cose stanno cambiando. Il fatto che noi, come nazionale, stiamo andando bene, sia un volano per tutte le componenti del nostro mondo per migliorare: la federazione sta facendo molto lavoro, ma anche i club dovrebbero avere maggiore organizzazione e voglia di trovare una crescita costante.

A questo proposito, qual è il livello del campionato nazionale?

“Lo Skënderbeu ha vinto per 5 volte consecutive il campionato e, quest’anno, sono arrivati ai playoff in Champions League contro la Dinamo Zagabria, con sconfitta larga nel match di ritorno. All’andata la sconfitta di misura per 2-1 è stata anche immeritata, a mio modo di vedere: però il campionato sta crescendo. Passando da 12 squadre a 10 la competizione è cresciuta a livello qualitativo e il tempo gioca a favore della crescita generale; perché non dimentichiamo che l’Albania è una federazione giovane. Dopo l’esperienza sotto il regime, con lo sport in mano al controllo statale, oggi c’è una federazione libera che sta cercando di inserirsi in un ambito internazionale importante e, anche da questo punto di vista, stanno compiendo sforzi notevoli per implementare quello che è il discorso relativo alle accademie e al settore giovanile.

Il campionato albanese può essere un serbatoio per la nazionale o per un calciatore è ancora più utile l’esperienza all’estero per crescere?

Per il nostro livello odierno, in cui ci troviamo al 22mo posto nel ranking FIFA, davanti a squadre blasonate come la Francia, credo che l’esperienza all’estero sia ancora più formativa a e possa dare maggiori occasioni di crescita ai calciatori. Il nostro campionato deve cercare di avere ancora maggiore qualità, maggiore confronto e cultura calcistica. Se vuoi proseguire in un percorso verso l’alto, al tuo interno devi confrontarti con tecniche individuali che vengono da realtà calcistiche più evolute come Brasile o Italia. Anche se ci sono ancora pochi calciatori italiani nella nostra massima serie.

Vi attendono due sfide con Danimarca e Portogallo, decisive in ottica qualificazione a Euro 2016. Come le affronterete?

Le affrontiamo con la consapevolezza di avere delle chance per dire la nostra. Chiaramente sappiamo che la Danimarca in casa è una squadra che ha qualità, che gioca molto bene, con un allenatore che è lì da 15 anni: e tutto questo depone a loro favore; credo che noi, comunque, partiamo sempre da zero a zero, in ogni partita e contro qualsiasi avversario. Il risultato, poi, verrà determinato in base al nostro comportamento in campo. Se saremo un po’ più bravi e più scaltri di loro riusciremo a portare a casa la vittoria.

Per quanto riguarda il Portogallo, credo sia una delle squadre più forti in assoluto del ranking; all’andata abbiamo compiuto una tale impresa che nessuno poteva aspettarsela, soprattutto tra i portoghesi. Penso che quando in campo c’è uno come Cristiano Ronaldo sia difficile per tutti.

Quante possibilità avete di arrivare agli Europei?

In questo momento l’Albania è sicuramente ai playoff, lo dice la matematica: questo è già un risultato stratosferico, perché nessuno all’inizio di queste qualificazioni avrebbe mai immaginato che noi potessimo essere lì, avendo interlocutori come Danimarca, Serbia e Portogallo che, a mio modo di vedere, nei pronostici erano le prime tre in ordine di potenziale. Credo che a settembre ci giochiamo una grossa fetta delle nostre possibilità. Un’eventuale qualificazione sarebbe vista come un miracolo dalla nostra gente. L’albanese crede molto in questa possibilità, anzi ha cominciato a farci la bocca. Ma abbiamo ancora troppa strada davanti per raggiungere il nostro obiettivo: dobbiamo stare molto attenti, non disperdere energie in modo superficiale pensando di aver già fatto il massimo quando abbiamo ancora molto da fare; poi vedremo come andrà a finire. Percentuali di qualificazione non ne do, per scaramanzia.

Quella che lei si trova ad allenare è un’ottima generazione di calciatori albanesi, forse la migliore: com’è la situazione alle spalle? Ci sono giovani pronti a subentrare?

In giro per l’Europa ci sono tanti ragazzi molto interessanti che stiamo seguendo con attenzione, elegibili per la nostra nazionale; è chiaro che, prima di progettare l’eventuale ricambio e il meccanismo con cui inserire i nuovi talenti in squadra, bisognerà capire quali saranno i programmi prossimi della federazione, se vorranno continuare con il sottoscritto o intendono cambiare la guida tecnica. A mio parere ci sono ampi margini per migliorare ancora il tasso tecnico della squadra e i risultati: sono convinto che l’Albania, da qui in avanti, potrà davvero recitare un ruolo da protagonista nel panorama continentale.

A livello personale, qual è il suo obiettivo con l’Albania?

Dopo il sorteggio di Nizza che ci portava a Euro 2016 eravamo tutti distrutti! Il presidente federale era sconvolto, vedendo il girone che ci era toccato in sorte. Strada facendo, vincendo con Portogallo, Armenia e Serbia, siamo arrivati a credere che la grande impresa è possibile. Vedremo: personalmente vivo sempre alla giornata, ma guardando a lungo raggio. Dico, quindi, che questa è una situazione che possa essere gestita in maniera oculata e durare nel tempo essendoci ottimi ragazzi che possono portare molto avanti questa squadra.

Qual è stata la miglior partita della nazionale, durante la sua gestione?

Tra amichevoli che contano poco e partite di qualificazione a Europei e Mondiali, credo siano state più le partite belle che quelle meno belle, da parte nostra. Tra le tante che ricordo, la vittoria in Norvegia per 1-0, quella in Portogallo già menzionata, ovviamente, ma anche l’amichevole contro la Francia in cui abbiamo fatto una prestazione davvero di livello. Anche se in tanti possono dire che la Francia non aveva voglia di giocare, io dico che quando giochi una partita lo fai sempre per vincere.

Il Kosovo con la sua richiesta di adesione alla FIFA e il suo legame, anche a livello di calciatori, con l’Albania può in qualche modo interferire con il vostro progetto?

Zero. Abbiamo rapporti fantastici con il presidente federale e io stesso ho avuto un incontro con l’allenatore del Kosovo, tra l’altro persona squisita. Per quanto riguarda i giocatori kosovari che noi abbiamo in nazionale, tutto resta immutato: loro non avranno voglia di prendere giocatori che abbiamo già chiamato noi. D’ora in avanti, loro chiameranno solo calciatori che pensano possano far parte della loro nazionale: quelli che hanno già giocato con l’Albania non verranno presi in considerazione dal Kosovo nelle loro convocazioni.

A Cura di

Emanuele Giulianelli