De Biasi: una partita speciale

L’allenamento quotidiano si è appena concluso, i giocatori, alla spicciolata, guadagnano l’entrata degli spogliatoi, mentre un uomo, un signore veneto sulla cinquantina, rimane sul terreno di gioco ancora qualche minuto.

E’ pensieroso Gianni De Biasi, rimugina, assorto, il pomeriggio appena trascorso.
Passeggia, a bordo campo, sguardo leggermente a terra, occhi un po’ distanti, il futuro invadente chiama precipitosamente il presente.

Poi si gira, risponde ad un cenno. Ci salutiamo, appuntamento a fra poco, lì dove sono io. Disponibilità e cortesia mai venute meno, sincerità di modi, onestà di sguardi, lui il tema lo ha già capito, il match di sabato è speciale, anni di vita intersecati nei sentimenti. Una città, Modena, chiamata “la mia casa” ed una realtà, Torino, fitta di stimoli e passione…

Domanda: Gianni, allora, come stai?

Risposta: Bene, non mi lamento, va meglio rispetto ad un mese fa.

Domanda: Ti ho visto dialogare vivacemente con Melara per un errato posizionamento difensivo.
Preoccupato o contento?

Risposta: Ah si? Non me lo ricordo nemmeno. Sono le classiche situazioni di allenamento. Preoccupato no, contento neppure. Sono fatto così, vorrei sempre ottenere qualcosa di più (piccola indole da perfezionista, ndr); ma ora basta, arrivati a questo punto del campionato devo fare di necessità virtù, non posso soffermarmi su concetti didattici che avrei dovuto insegnare in precampionato. Noi quei giorni non ce li abbiamo avuti e dunque, andiamo avanti così, l’obiettivo sono solo i risultati e non le modalità.

Domanda: Parliamo della partita. Al Braglia, quando entrerai, correrai il rischio di sbagliare panchina?

Risposta: No, no – e sorride – la strada la conosco, ci sono già tornato da avversario qualche altra volta.

Domanda: Però una parte importante della tua carriera si è svolta proprio nella città emiliana. Sensazioni particolari?

Risposta: Molte. Per me è un ritorno a casa. Modena rappresenta il luogo dove ho accumulato le maggiori soddisfazioni a livello personale e professionale. Ho trovato della gente, dei tifosi e un’ intera città a mia immagine, sensibile al lavoro, all’aiuto reciproco, alla solidarietà.

Domanda: Ma il tuo rapporto con la società gialloblù si è incrinato dopo i rivoltamenti interni, le dimissioni di Doriano Tosi e l’avvento di Luca Baraldi?

Risposta: No, non credo. Personalmente sono dispiaciuto perché ancora una volta mi sono reso conto che nel calcio si ha la memoria corta e sono state prese decisioni che non condivido.

Domanda: Ci sei rimasto male per Doriano Tosi e per come ha lasciato?

Risposta: Assolutamente si. Lui è stato l’artefice dell’escalation modenese. I gialloblù erano una squadra che si barcamenava in serie C e grazie al suo avvento i tifosi emiliani hanno potuto assaporare il gusto della serie A. A mio avviso gli hanno imputato colpe che non ha. Anzi, ha lasciato un patrimonio tecnico e storico ineguagliabile.

Domanda: Hai detto “ patrimonio tecnico”?

Risposta: Certamente. Il Modena presenta una classifica bugiarda perché possiede una rosa fortissima. Cito solo alcuni nomi: Bucchi, Graffiedi, Colacone, Giampaolo, Asamoah, Campedelli, Perna. Gente di un certo spessore per la serie B.

Domanda: Dì la verità, un po’ ti dispiacerebbe se dovessi vincere?

Risposta: Per niente. Sono sincero, è troppo importante racimolare i tre punti per il Torino. Magari avrei preferito averli già affrontati, questo si, ma tenterò di vincere in qualsiasi modo.

Domanda: Ritornando a Tosi, al Torino manca la figura di un Direttore Generale. Hai mai pensato di invitare Doriano sotto la Mole e perché no, convincerlo a rimanere?

Risposta: Certo che ci ho pensato. Fosse per me, anche subito. Ma è la società che decide, insieme all’interessato ovviamente…

Domanda: Senti Gianni, la scorsa settimana hai detto in conferenza stampa che Atalanta e Catania sono già in serie A. E’ stato palese, per molti, considerare le tue affermazioni come scaramantiche e di ovvia circostanza. Eppure qualcuno le ha interpretate come un atteggiamento debole, privo di coraggio. Cosa ne pensi a riguardo?

Risposta: Guarda, lasciamo stare. Ho fatto anche l’occhiolino quando pronunciavo quelle parole…Il mio coraggio? Diciamo che credo di avere senso di responsabilità. Un allenatore, a volte, deve utilizzare strategie di comunicazione ben precise nelle dichiarazioni ai giornalisti. Questo, però, dovrebbero saperlo tutti quelli che lavorano in questo ambiente. Sia ben chiaro, comunque: la squadra ed io daremo il massimo fino alla fine senza precluderci a priori nulla.

Domanda: Inizia a fare freddo e so che devi andare. Mi affretto, non ti preoccupare. Manca poco a fine campionato ed il momento negativo sembra passato. Quali sono le tue paure e cos’è che temi maggiormente per i prossimi due mesi?

Risposta: Temo le aspettative che provengono dall’esterno. Le ultime tre vittorie consecutive hanno alzato nuovamente il target della squadra. La pressione è un nemico da non sottovalutare, così come i pochissimi margini di errore a disposizione. Riuscissimo anche a conseguire 17 punti nelle rimanenti 7 partite – e sarebbe un risultato trionfale – nutrirei comunque dei dubbi sulla posizione finale in classifica. Meglio non pensarci.

Domanda: Concludo e ti lascio andare. Nei momenti grigi di qualche settimana fa, sei stato tirato in ballo, in maniera inclemente, riguardo ad un tuo ipotetico problema privato, additandoti come “troppo distratto dalle tue cose per pensare alla squadra”. Ammesso e non concesso che il momento di difficoltà personale sia esistito davvero, ritieni verosimile collegare gli scarsi risultati del Toro ad una tua mancanza intellettuale in questo senso?

Risposta: Guarda, ne sono sicuro, assolutamente no. Le partite andavano male per altri motivi che con la mia vita privata non c’entravano per niente. Mi dispiace, invece, che qualcuno abbia strumentalizzato l’argomento per i suoi scopi. Ma guardo avanti, c’è una partita che mi aspetta, un albergo dove riposare e studiare, e forse…uno stadio da riconquistare. Ciao, Federico, ci vediamo a Modena.

A cura di Federico Freni