De Biasi: credere nella forza dei propri sogni, sempre!

Così Gianni De Biasi si presenta nella sua pagina di Facebook. Una frase che è il punto di partenza per conoscere meglio l’uomo è prima dell’allenatore dell’Udinese. Un personaggio non comune, che nasconde molti interessi e altrettanti valori. Primo tra i quali, appunto, la voglia di sognare ancora: “E’ una frase che ho preso in prestito, non mia. Se uno non ha sogni fa una vita piatta e non ha obiettivi che sono fondamentali”.

Racconta poi un aneddoto su come è stata coniata: “Quando ero al Modena tutti ci consideravano come la Longobarda (la squadra del famoso film, ndr), poi invece siamo andati in A e ci siamo rimasti. Quella frase è rimasta il nostro slogan”.

E’ stata nominata la Longobarda e viene in mente Oronzo Canà: nel calcio è sempre facile passare da c…ad eroe.

“Servirebbe equilibrio: un giorno sei un fenomeno un altro uno stupido per non citare la famosa frase. Sicuramente le persone dotate di equilibrio sono quelle più interessanti in questo ambiente che vive di eccessi portati all’ennesima potenza. C’è sempre l’ultima spiaggia, la partita decisiva. Serve la consapevolezza che non tutto esce subito come vorremmo, ma l’importante è trovare la strada giusta per ottenere i propri obiettivi”.

Oliviero Beha, noto giornalista, una volta ha detto che il calcio è cambiato in peggio quando è passato da importante a serio.

“Non è che sia diventato da importante a serio. E’ cambiata l’importanza dei budget dei club. Essere in A o in B cambia molto. Ci sono società che si espongono molto e questo diventa una spada di Damocle se poi non si ottengono risultati. Ritengo che la serietà porta alla consapevolezza di sè e di dove si va a parare”.

Citazioni. Nick Hornby nel suo libro Febbre a 90, ha detto che si è innamorato del calcio per caso, così come ci si innamora delle donne. Come è successo a De Biasi?

“E’ stata una conseguenza. Sono vissuto negli anni bui, negli Anni’60 dove l’infanzia era costellata dal calcio e non c’erano Tv satellitari o simili. Ma è stato importante perché mi ha insegnato il valore di socializzare. Il calcio era l’unico svago, uno sfogo dopo lo studio”.

Un rammarico è stato proprio il non aver completato gli studi.

“Mi piace leggere moltissimo, e il rammarico più grande è non aver terminato l’università. Ero iscritto a giurisprudenza. Purtroppo non ho saputo coniugare l’impegno calcistico con quello accademico. Tornassi indietro, con la testa di oggi, non commetterei lo stesso errore, ma quella volta la sicurezza economica è stato un deterrente, forse”.

De Biasi ha parlato di libri: quali quelli più significativi?

“Cito Voltaire, con Candido, Paulo Coelho con ‘l’alchimista’, ma ce ne sono molti altri”.

Il cinema invece?

“Ci vado, ma non tantissimo. A casa sto volentieri visto che ho poco tempo per rimanerci. Consiglio comunque The Millionaire e i film di Marco Bellocchio”.

E’ quindi il momento di parlare di musica.

“Gli autori italiani degli Anni ’60 e ’70. Poi soprattutto Mark Knopfler e i Dire Straits, mentre tra i gruppi appena usciti mi piacciono i Coldplay”.

Ha citato i Dire, ed è inevitabile non pensare a Money for Nothing. Che rapporto ha col denaro?

“Non gli do una grande importanza ma sto attento a non buttarlo. Mi dà l’opportunità di dare un futuro migliore a mia figlia e mi fa vivere sereno il resto della mia vita”.

Tornando al calcio, è difficile insegnare ai ragazzi di oggi che il nome che sta dietro alla maglia viene dopo il simbolo che sta davanti?

“Bella domanda. Direi che dal punto di vista del senso di appartenenza quando indossi la maglia significa essere dediti al 300% a quella causa. E’ fondamentale. Se non ti identifichi con lo stemma non riesci a dare quel che vuoi. Devi trovare un legame col club, con la gente, con l’ambiente, con i valori della terra dove operi e non puoi integrarti se non rispetti il simbolo”.

In tema sempre di citazioni, Oscar Wilde sosteneva che il socialismo deriva dall’individualismo: si può applicare anche nel calcio questo concetto? La bravura del singolo se si autorealizza diventa più utile nella squadra?

“Direi che nella squadra quando hai a che fare con una rosa ampia ci dev’essere sempre il rispetto reciproco poi l’importanza di anteporre il pronome noi all’io. Bisogna anteporre gli interessi generali ai propri e se non li metti in pratica diventa problematico. Un mio amico, Roberto Varrè, diceva che nessuno è talmente grande da mettere gli interessi degli altri davanti ai propri. Difficilmente troviamo uomini squadra”.

Se dovesse allenare i bambini quale sarebbe il primo valore che andrebbe ad insegnare?

“I bambini sono spugne incredibili, terreni fertili dove l’allenatore può incidere tanto. I bambini mettono l’allenatore davanti ai genitori, per quanto concerne il calcio. Spesso invece avviene che i genitori vanno ad interferire con l’allenatore consigliandogli delle sciocchezze, perché ogni genitore ha un Maradona a casa. Ho fatto per due anni il settore giovanile e ad un incontro con i genitori ho spiegato che volevo far crescere il ragazzo chiedendomi spiegazioni sul perché il bambino andava male a scuola ma che non interferissero sul piano tecnico”.

De Biasi è stato anche in Spagna: cosa porterebbe da quel Paese qui in Italia?

“Sanno vivere meglio di noi. Sanno godere dei momenti di gioia che la giornata ti dà. Noi siamo fagocitati dai pensieri del lavoro e dai problemi che a volte vediamo più grandi di quel che sono. Là ci sono più sorrisi, e un sorriso aiuta a vivere meglio”.

I latini dicevano che il ‘negozio’ è la negazione dell’ozio…

“Serve avere un tempo per lavorare e uno per la famiglia e per gli interessi personali. A volte ci adagiamo troppo”

Quanto deve dire grazie alla famiglia?

“Tanto, mi ha dato l una mano nei momenti più difficili e mi ha permesso di potermi muovere con libertà”

Come si vede De Biasi in un futuro prossimo?

“Vorrei poter continuare a fare quel che mi piace magari in un club come questo, dando soddisfazioni a questa tifoseria. Non lo dico per accattivarmi simpatie, ma perché credo non sia utopia”.

Era del resto utopia anche andare sulla Luna. Ma forse è difficile da far credere agli altri.

”No, si riallaccia tutto ai rapporti che crei. Per me è importante essere qui e portare avanti queste idee con tanta dedizione e tanto impegno. Poi sarà quel che sarà, ma voglio che la giochino sempre”

Quale la partita che ha fatto storia?

“Italia – Germania 4-3, che rimane nella memoria di molti. Ecco, hanno fatto un film anche su quella partita che consiglio a chi non l’ha vissuta”

Fonte: Udineseblog.it