Il Centenario granata di De Biasi: una giornata indimenticabile

Essere presente, per forza, perché quello che importa si trova in fondo al cuore e assume il nome di energia. Energia, appunto, vibrazione, adrenalina, in una parola Emozione con la E maiuscola, misto di sentimenti cavalcanti e passionali che stimolano la vita dell’uomo, rompono la routine quotidiana e sfidano il destino.

Gianni da Conegliano ha preso la macchina sabato pomeriggio e si è fiondato in un recente passato ancora amaro per l’epilogo scaturito, funestato da sensazioni trasversali, pensieri diversi, opposti e intrecciati, legati da un anno di fatica e progetti, sconfitte e ostruzioni, vittorie e trionfo, preludio al distacco.

E’ tornato per essere abbracciato, per chiedere e ottenere rispetto, legittimare il diritto, peraltro già acquisito, di sentirsi parte di una Storia Infinita a tinte granata, incolonnato anch’egli tra le centinaia di travi portanti di un’entità concreta e astratta chiamata TORO, indescrivibilmente TORO.

L’hanno chiamato per cucire uno strappo, l’hanno abbigliato col prezioso drappo, lui ha sfilato con le braccia al cielo e lo sguardo nostalgico, amaro e gioioso, rammarico orgoglioso. Come un padre di fronte alla figlia all’altare, ha messo via gli umori contrari, si è abbandonato ai sensi dell’amore, affidandosi ai cori cullanti delle curve avvolgenti e confortanti.

Ha portato i pugni sul petto, alla Maratona si era promesso, ha capito di aver lasciato qualcosa, prima l’Uomo poi l’Allenatore, e in entrambi i ruoli ha tracciato un successo, scortato dagli attestati di stima e affetto di amici, colleghi e giocatori (Rosina e Muzzi su tutti).

Ha guardato e tifato per i Suoi ragazzi, ha sofferto, patito e invocato. Ha goduto al gol di Comotto, ha ringraziato la Sorte Bendata, strizzandogli l’occhio, com’è solito fare con chi comunica un feeling intimale.

Ha dato e ricevute pacche sulle spalle, ha stretto le mani a miti lontani, Sauro Tomà, Lido Vieri, Denis Law e salutato un amico conosciuto lo scorso anno, persona semplice, occhi penetranti, intrisi di forza: Paolo Pulici.

Ha omaggiato idealmente tutti, anche il Presidente, perché i futili risentimenti personali, dinanzi alle concessioni suadenti di un Secolo ammirato senza veli per un solo pomeriggio, cadono nei ricordi destinati a lasciare il passo durante gli anni a venire.

Fonte: Federico Freni