DE BIASI, DA CARPI ALL’ALBANIA E NELLA STORIA DEL MODENA

Tre stagioni a Carpi e tre e mezzo a Modena, passando dalla C/1 alla Serie A. E’ questo il segno che ha lasciato Gianni De Biasi nella nostra provincia e se con la “Longobarda” gialloblu ha ottenuto due promozioni consecutive, con i biancorossi ha conquistato la prima storica vittoria in un derby contro i canarini (2-0 al Cabassi nel 1994/95 ndr).

Mister, la sua prima esperienza nella provincia di Modena sono state le tre stagioni sulla panchina del Carpi. Che ricordo ha di quell’avventura?

Sono stati tre anni formativi per l’inizio della mia carriera, Carpi è stata una palestra di vita e di lavoro. Mi ricordo che ogni anno cambiavamo diversi giocatori, ma allo stesso tempo eravamo sempre in grado di ricominciare da zero e di ottenere ottimi risultati.

A metà della stagione 1999/2000 è arrivata la chiamata del Modena…

Il mio arrivo fu voluto da Doriano Tosi che aveva preso il posto di Borea come direttore sportivo. Appena ho ricevuto la chiamata sono corso subito a Modena con grande entusiasmo. Sapevo di arrivare in una piazza difficile che veniva da risultati non molto esaltanti nelle stagioni precedenti.

Nell’estate del 2000 ci fu la rifondazione della squadra e la scomparsa del presidente Montagnani…

Quell’estate fu il crocevia del progetto che stava nascendo. Mi ricordo di Gigi Montagnani come di una persona straordinaria che purtroppo ha visto solo l’inizio di quella cavalcata che è culminata con la promozione e la salvezza in Serie A. All’inizio della stagione intorno alla squadra c’era un po’ di diffidenza, ma i risultati e in particolare le otto vittorie consecutive iniziali, fecero ricredere l’ambiente. In quegli anni siamo riusciti a fare qualcosa di inimmaginabile.

Brescello, Genova e Brescia. Che ricordi le evocano queste città?

Beh la gara di Brescello me la ricordo come se fosse ieri, un gol di Ginestra in pieno recupero ci lanciò verso la Serie B. E’ stata una partita infinita, ma al triplice fischio fu l’apoteosi, dalla tensione colpii la panchina con un pugno. I tifosi gialloblu avevano “invaso” la città e fu una festa bellissima. A Genova ci fu la sublimazione di un anno fantastico in cui esprimemmo un bellissimo calcio e credo che ciò si sia sempre visto durante tutte le partite di quel campionato. Con il pareggio del Rigamonti all’ultima giornata contro le rondinelle invece ci fu il coronamento di un sogno chiamato salvezza.

Durante la stagione di Serie A c’è stato un periodo in cui i risultati non arrivavano. Si è mai sentito in discussione?

Assolutamente no, in quel frangente il presidente Amadei, per dimostrarmi la sua fiducia, mi propose un rinnovo quinquennale. Io e i giocatori eravamo alla nostra prima stagione nella massima serie e difficilmente la salvezza può arrivare con dieci giornate d’anticipo. La cosa più importante è restare tranquilli anche quando non si vince e noi siamo stati bravissimi a farlo in quella situazione.

L’anno dopo la salvezza passò proprio sulla panchina del Brescia di Baggio. E’ stato lui il giocatore più forte che ha allenato?

Senza ombra di dubbio, come tecnica, Baggio è stato il migliore con cui ho lavorato, ma non voglio dimenticarmi di giocatori di grande spessore umano come Milanetto, Mayer e soprattutto Paolo Ponzo. A fine campionato mi piacerebbe tanto organizzare un’amichevole al Braglia con tutti i protagonisti della “Longobarda”. Mi auguro che questa cosa possa andare in porto e sarei onorato di sedermi di nuovo su quella che è stata la mia panchina in un’occasione come questa.

Prima dell’Albania ha avuto un’altra esperienza all’estero in Spagna, che ricordo ha?

Allenare il Levante è stata una delle esperienze più belle come allenatore. Nonostante una crisi societaria e l’abbandono di molti giocatori nel mercato invernale, con una rosa di soli ragazzi nel girone di ritorno ho sfiorato la salvezza. Ancora oggi in Spagna mi chiamano “l’Hombre milagro”. Grazie alla compagine rossoblu ho avuto modo di cimentarmi in un campionato come la Liga e ho avuto l’onore di allenare Damiano Tommasi, grande calciatore e grandissimo uomo.

Dell’esperienza come ct della nazionale albanese cosa ci racconta?

Sono una via di mezzo tra un manager e un allenatore. La maggior parte del tempo faccio lavoro di scouting e osservo le partite in diverse parti del mondo, passando dalla Cina alla Svezia. Purtroppo c’è poco lavoro di campo e manca la quotidianità dello spogliatoio, ma il lavoro svolto in questi primi due anni è stato veramente gratificante.

Nel giro della sua selezione ci sono anche i carpigiani Cani e Memushaj…

Sono due ottimi elementi, in particolar modo Edgar, che durante le qualificazioni ha segnato gol importanti. Per noi è un punto di forza, anche se in questo momento va recuperato perché ha un po’ esaurito la vena.

A livello di ambiente che ricordo ha di Carpi e Modena?

Sono due belle città. Carpi è una realtà abbastanza piccola e assolutamente a misura d’uomo, mentre Modena è una città dove c’è tutto e si vive veramente bene oltre ad essere bellissima. Se non avessi già una casa, sarebbero due posti dove mi stabilirei volentieri.

FRANCESCO BEDONI

Fonte: VivoModena